|
Cristian
Bonaldi
OLTRE IL COLLE
Zambla Alta, Zambla Bassa, Zorzone
La storia - La vita - Le chiese - Le
miniere - L’agricoltura - Il turismo
L’incomparabile bellezza - Quattro diverse
radici, un unico albero
Pagine 224 - cm 200x270x17
EAN13 9791280344083 - € 32,00
Che
bella idea ebbero i primi abitanti di Oltre il
Colle a scegliersi questo approdo montano fra cielo e roccia, fra
trionfi di
aurore, tramonti e la musica siderale di notti stellate, fra le vette
più alte
delle Prealpi Lombarde, fra boschi di pini e di faggi secolari, su
distese di
prati che, in alta quota, diventano un giardino botanico di fiori tra i
più
rari della flora alpina. La bellezza fu il motivo secondario che mi
indusse ad
accettare la proposta del sindaco di Oltre il Colle, di riprendere in
mano il
libro di Cristian, interrotto d’improvviso lasciando tutti costernati.
Motivo
primario fu il rapporto di collaborazione con i due precedenti libri di
Cristian, “C’era una volta” 1 e 2, quasi premessa a questa bimillenaria
storia
di Oltre il Colle, che inizia da Plinio il Vecchio.
Narra Plinio delle miniere di calamina nella terra di Bergamo, che si
estraeva
nel distretto minerario di Dossena-Oltre il Colle. Era già vasto lo
sfruttamento delle miniere di Arera e Vaccareggio del popolo etrusco,
dei Galli
Cenomani, poi dei Romani, che deportarono i “damnati ad metalla”
tramite i
quali forse giunsero qui le prime radici cristiane. Ci stupisce
apprendere che
nel Medioevo, quando i vescovi sedevano in cattedre d’avorio col
pastorale in
pugno e la spada al fianco, il vescovo di Bergamo era feudatario
dall’Arera, al
Branchino, al Vedro, al monte Menna con diritto esclusivo di caccia
dell’orso e
del camoscio.
Si dia uno sguardo al dettagliato indice per vedere l’intrecciarsi con
la
storia nazionale, sempre vista nella prospettiva locale, e ci si
soffermi si
commoventi volti dei giovani soldati che partirono con un sorriso
buono. per
non più tornare. Non meno commovente il ricordo dei minatori che
persero la
vita in miniera, in un partecipe delineare la loro identità umana.
Se è vero che non si dà aristocrazia senza antichità, Oltre il Colle
può
vantare l’antichità della chiesa di Grimoldo costruita nel 1363,
ampliando una
cappella risalente al 1250. Un’aristocrazia anche d’animo e di umiltà
nel
carattere e nel lavoro di uomini e donne, nella fatica dei campi,
dell’allevamento, delle miniere, che esigevano anche la fatica dei
ragazzi a
trasportare il materiale grezzo alla laveria, dove le taissine, con
ogni
intemperia, lo cernevano e lavavano in vasche d’acqua, oltre ad
accudire i
figli, rigovernare la casa e gli animali, lavorando “da stelle a
stelle”, da
quelle del mattino a quelle della notte. Un’aristocrazia nell’aprirsi
al
turismo, allo sport, alla bellezza delle salite, alla passione per la
musica e alla
fede profonda nell’edificare chiese e cappelle, innalzando la Croce
sulle vette
più alte, salendovi forse come i biblici patriarchi per parlare con Dio.
Oltre il Colle non è un luogo anonimo, è un luogo con un volto plasmato
nei
secoli dai suoi abitanti e nei millenni dalla meravigliosa natura. La
poetessa
Mary Oliver scrive: «Presta attenzione, sii attonito, raccontane». Così
ha
fatto Cristian: ha prestato attenzione, si è stupito, ha raccontato la
bellezza
e la storia di Oltre il Colle. Era poco più che un ragazzo Cristian,
non aveva
ancora 45 anni. Una domenica sera ha posato la penna e ha spento il
computer. Il
“suo” libro di Oltre il Colle poteva dirsi quasi finito, almeno nella
sua prima
stesura storica. Sua figlia Chiara lo avrebbe letto come prezioso
bagaglio per
varcare più sicura la soglia del futuro. Era la domenica 28 giugno
dell’anno
del Signore 2020. Andando a dormire a notte inoltrata, forse Cristian
avrà
pensato all’esigente Vangelo di quella domenica: «Chi ama padre o madre
più di
me, non è degno di me...Ma chi avrà dato da bere anche un solo
bicchiere
d’acqua fresca a uno di questi piccoli... non perderà la sua
ricompensa».
Quanti bicchieri d’acqua fresca aveva donato Cristian con i suoi libri!
S’avviò
verso il riposo della notte stellata, l’ultima sua notte terrena.
Un incanto le foto di Marco e Gina con paesaggi più volte ritratti con
lo
stesso spirito con cui Monet dipinse le sue 38 cattedrali di Rouen.
.
|